Niger: abrogata la legge contro l’immigrazione - Nigrizia
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Era stata firmata nel 2015 su spinta (e denaro) dell’Unione europea
Niger: abrogata la legge contro l’immigrazione
Il generale golpista Tiani, per lanciare un segnale a Bruxelles, ha cancellato quelle norme che criminalizzavano i nigerini che aiutavano i migranti ad attraversare il deserto. È stata così abbattuta quella che l’Europa chiamava la sua frontiera a sud, con la riapertura delle porte per l’Algeria e la Libia
28 Novembre 2023
Articolo di Giba
Tempo di lettura 5 minuti

Il generale Abdourahamane Tiani ha firmato sabato «un’ordinanza che abroga» la legge N. 36 del 2015 “relativa al traffico illegale di migranti”. È stata la segreteria generale del governo del Niger a diffondere la notizia alla radio e alla televisione pubblica.

La spiegazione: questa legge «non ha tenuto conto degli interessi del Niger e dei suoi cittadini».

Cancellate le condanne

La nuova ordinanza prevede che le condanne pronunciate ai sensi di quella legge «saranno cancellate». I trasgressori erano puniti con la reclusione da 5 a 10 anni, con multe da un milione a cinque milioni di franchi CFA.

Dall’entrata in vigore della normativa incriminata, e con il sostegno finanziario dell’Unione Europea, la sorveglianza, compresa quella militare, è stata rafforzata nel deserto della regione settentrionale di Agadez, punto di transito per centinaia di migliaia di cittadini dell’Africa occidentale che cercano di emigrare in Europa via Algeria o Libia.

Il Niger era stato trasformato dall’Europa nella sua frontiera meridionale.

Ancora a luglio 2023, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva annunciato un ulteriore stanziamento di 320 milioni di euro – estratti dal Facility Fund – per equipaggiare con armi pesanti le Forze di difesa e sicurezza nigerine.

Coinvolgimento di Roma

La stessa Italia ha finanziato una missione militare dove i soldati si occupano soprattutto di training delle unità dell’esercito nigerino impegnate nel controllo delle frontiere.

Nell’arco di pochi anni, le attività internazionali in Niger sono cresciute in maniera esponenziale, in termini di missioni militari, di lotta al terrorismo e di contrasto al traffico di esseri umani. Programmi di capacity building e institution building assieme a progetti e finanziamenti classificati come aiuto allo sviluppo, ma che includono un’ampia componente di contrasto all’immigrazione irregolare.

Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) gestisce a Niamey un centro di accoglienza molto grande, con un migliaio di posti disponibili: è utilizzato per riportare i migranti nel loro paese di origine.

Dall’adozione del testo – ispirato da Bruxelles ed elaborato con il supporto tecnico delle Nazioni Unite – le reti di trafficanti con sede nel nord del Niger sono state smantellate e gran parte delle loro infrastrutture di accoglienza e di trasporto sono state sequestrate, anche se l’attività ha continuato clandestinamente. Di fatto, il paese saheliano è stato trasformato in un hub per il contenimento dei migranti.

Decisione fulminea

La svolta repressiva del governo nigerino, dopo i finanziamenti europei, è stata tanto fulminea quanto sorprendente. Come aveva raccontato Luca Raineri su Nigrizia del gennaio 2018, «Niamey aveva adottato prima del 2015 un atteggiamento di permissività, se non di complicità, nei confronti del fenomeno dello human smuggling».

I proventi del traffico e delle estorsioni, a cui erano soggetti i migranti, avevano contribuito ad alimentare una vasta rete di connivenze, che si diramavano dalle oasi del deserto fino alle stanze del potere nella capitale.

«La redistribuzione dei profitti del lucroso business – continuava Raineri – era servita a calmierare le tensioni degli ex-ribelli tuareg del nord del Niger, a imbrigliare le tentazioni golpiste delle forze di sicurezza, e ad alimentare una vasta economia informale di cui beneficiava una larga parte della popolazione della regione di Agadez».

Malcontento della popolazione locale

Ci sono alcuni aspetti rimasti nell’ombra in questi anni. Ad esempio, le politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera e della repressione hanno provocato l’azzeramento di una fetta dell’economia informale locale che si era sviluppata nel nord del paese. I passeur – diversamente dalle forze di polizia e sicurezza – avevano tradizionalmente goduto di una notevole legittimità popolare, anche tra i migranti.

Con la legge della criminalizzazione, molte famiglie si sono viste sfilare, dalla sera alla mattina, una fetta di un reddito quasi certo. Chi ospitava i migranti ha visto sbarrati i canali della migrazione circolare stagionale che fornivano una alternativa alle fragili economie locali. Si è ostruita una valvola di sfogo per le ambizioni di migliaia di giovani in cerca di lavoro.

Il risultato è stata l’esplosione della disoccupazione.

Le morti nel deserto

Ma la repressione ha avuto effetti nefasti pure per i migranti, costretti a percorsi secondari, meno pattugliati, ma che hanno aumentato, inevitabilmente, i rischi connessi alla traversata nel deserto. Sono stati maggiormente esposti ai ricatti di organizzazioni criminali più strutturate che avevano rimpiazzato i tradizionali passeur.

Dal 2016 sono aumentati esponenzialmente i ritrovamenti di cadaveri nel deserto nigerino, anche per l’intensificarsi delle deportazioni dall’Algeria e dalla Libia nel Sahel.

Nei primi tre mesi del 2023, Alarme Phone Sahara stima che oltre 10mila persone siano state rimpatriate in Niger solo dall’Algeria, spingendone altre a intraprendere rotte più pericolose attraverso la Libia.

Perché l’abrogazione della legge

Il generale Tiani governa il Niger dallo scorso luglio, in seguito a un colpo di stato che ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum, tuttora sequestrato nella sua residenza a Niamey.

Il regime militare da subito ha preso le distanze dai partner europei fino ad allora stretti alleati del Niger, in particolare con la Francia, avvicinandosi a due dei suoi vicini, Mali e Burkina Faso, anch’essi gestiti dai militari.

La scelta dell’abrogazione della legge del 2015 appare ormai chiara: si tratta di un segnale a Bruxelles per le sue ripetute posizioni assunte contro il colpo di stato, per il suo sostegno alle durissime sanzioni pronunciate dalla Comunità degli stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) e per i suoi appelli per la reintegrazione di Mohamed Bazoum.

Ora i paesi dell’UE, soprattutto quelli a sud, rischiano di ritrovarsi in casa un problema ancora più ingarbugliato: la decisione dei militari nigerini potrebbe spalancare nuovamente ai migranti le porte della Libia e dell’Algeria.

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