Le 10 crisi di sfollati più trascurate al mondo - Nigrizia
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Report del Consiglio norvegese per i rifugiati
Le 10 crisi di sfollati più trascurate al mondo
Otto paesi sono africani: Rd Congo, Camerun, Burundi, Nigeria, Burkina Faso, Etiopia, Centrafrica e Mali. Le situazioni peggiori nell’Rd Congo, dove cala il silenzio sui milioni di persone (6mila ogni giorno) costretti ad abbandonare le loro case. L’altro scandalo è che per la prima volta dall’inizio di questo secolo sono stati finanziati meno del 50% delle operazioni di aiuto richieste negli appelli umanitari
27 Maggio 2021
Articolo di Giba
Tempo di lettura 10 minuti
Kishanga displacement camp Rd Congo1

Oggi gli abitanti di Goma, nell’est dell’Rd Congo, sono stati costretti a scappare dalle loro abitazioni per i terremoti e la lava generati dall’eruzione del vulcano Nyiragongo.

Ma «i congolesi sono colpiti da una crisi di dimensioni vulcaniche ogni singolo giorno. E questo a causa della violenza e dei conflitti che imperversano in quelle regioni. Purtroppo, quando non c’è un’eruzione vulcanica, passano inosservate le migliaia di persone che quotidianamente fuggono dalle loro case».

È lo sfogo di Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc, nell’acronimo inglese), ong indipendente e umanitaria che fornisce assistenza, protezione e soluzioni a rifugiati e profughi. Proprio oggi, giovedì 27 maggio, ha presentato a Goma l’annuale report sulle dieci crisi più dimenticate al mondo. «Quelle che non fanno notizia, che raramente ricevono visite di donatori di alto livello e che non sono mai considerate prioritarie dalla diplomazia internazionale», ha aggiunto.

Una lista dove su dieci paesi ben otto sono africani: l’Rd Congo, in testa, poi Camerun, Burundi, Nigeria, Burkina Faso, Etiopia, Repubblica centrafricana e Mali. Oltre i confini continentali sono stati inseriti in classifica il Venezuela e l’Honduras.

Milioni di persone che già lottavano per sopravvivere nelle crisi trascurate e con il Covid-19 sono rimaste ancora più indietro. Milioni di bimbi, donne e uomini intrappolati in conflitti, che non vediamo, di cui non sentiamo parlare e di cui neppure immaginiamo gli orrori. Una massa enorme lasciata senza alcuna assistenza per soddisfare anche i bisogni più elementari o più urgenti.

Su molte di queste crisi l’attenzione dei media internazionali è carente, magari più concentrati su altre regioni ritenute geopoliticamente più interessanti.

Quei milioni di sfollati e rifugiati ci sembrano così lontani o vittime di crisi di così lunga durata che non meritano più la nostra attenzione. Per questo raramente fanno notizia. Raramente ricevono visite di alto livello da parte dei paesi donatori e raramente diventano il centro dell’attenzione della diplomazia internazionale.

Una quarantina le crisi analizzate dagli esperti del Nrc. Tra gli elementi valutati, hanno verificato se sono state applicate le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu adottate nel 2020; se il numero degli inviati internazionali e dei vari governi sono effettivamente giunti nelle varie aree di crisi; se la comunità internazionale si sia impegnata in qualche attività per aiutare a stabilire la pace; se sono stati organizzati summit internazionali, conferenze dei donatori o riunioni di alto livello.

Tra gli aspetti più drammatici sottolineati dal report c’è che per la prima volta dall’inizio di questo secolo, nel 2020 sono stati finanziati meno del 50% delle operazioni di aiuto richieste negli appelli umanitari globali. In alcune di queste aree trascurate è addirittura arrivato solo un terzo di ciò che era necessario. Nel 2021, ad esempio, è stato finanziato solo il 12% rispetto all’ammontare richiesto nei vari appelli per l’Rd Congo.

 

Rd Congo

L’emergenza umanitaria è cresciuta nel paese a causa di una recrudescenza della violenza e dell’insicurezza alimentare.

Il paese è diventato la sede del maggior numero di nuovi sfollati al mondo, con una media di 6mila persone costrette a lasciare le loro case ogni giorno.

In totale, sono più di 5 milioni gli sfollati interni, e un altro milione le persone fuggite dal paese e rifugiatesi negli stati confinanti.

La violenza ciclica e l’abbandono delle abitazioni hanno lasciato vaste quantità di terra non coltivata, soprattutto nell’area orientale, persone senza casa e tagliate fuori dai loro mezzi di sussistenza. Il crollo dell’economia combinato all’impatto del Covid-19 hanno determinato un aumento dei livelli di fame e dei bisogni umanitari. Quasi 20 milioni di persone dipendevano dagli aiuti alla fine del 2020, rispetto ai circa 13 milioni dell’anno precedente. Oltre a questo, il paese è stato colpito da due epidemie di Ebola.

Nel 2020 è stato ricevuto meno del 33% del denaro necessario per soddisfare i bisogni della popolazione: si tratta di una delle crisi più sottofinanziate al mondo.

Decenni di conflitto hanno creato una stanchezza nei donatori e una mancanza di volontà di riconoscere o affrontare le emergenze che si stanno sviluppando sullo sfondo di una crisi prolungata.

Nonostante la presenza delle forze di pace delle Nazioni Unite, il governo congolese e la comunità internazionale non sono riusciti a proteggere la popolazione. Oltre 100 gruppi armati operano nell’area orientale del paese provocando caos nelle comunità.

Il conflitto ha portato alla mancanza di opportunità di istruzione, mettendo a rischio il futuro di una generazione e rendendo i bambini più vulnerabili alla violenza e al reclutamento nei gruppi armati.

 

Camerun

L’anno scorso sono continuate, senza sosta, tre crisi separate nel paese, che hanno provocato la fuga di un numero massiccio, ma sottovalutato, di persone. La violenza in corso nelle zone di lingua inglese ha innescato una fuga su larga scala: circa 700mila bambini sono rimasti senza scuola per l’insicurezza.

È peggiorato il conflitto che coinvolge Boko Haram nell’estremo nord del paese, che ha costretto più di 300mila persone a fuggire dalle loro case. Sono stati riportati attacchi quasi quotidiani, inclusi uccisioni, rapimenti, furti e distruzione di proprietà.

La crisi dei rifugiati del paese è continuata nelle regioni orientali, con più di 300mila rifugiati centrafricani che hanno ancora bisogno di protezione.

Il Camerun occupava il primo posto nella classifica delle crisi trascurate dell’Nrc sia nel 2018 sia nel 2019. Un leggero aumento dei finanziamenti per gli aiuti lo ha fatto scendere al secondo posto nel 2020.

 

Burundi

Dopo la morte, l’8 giugno, del suo presidente di lunga data, Pierre Nkurunziza, il nuovo leader del paese, Évariste Ndayishimiye, ha mostrato timidi segni di riforma dopo anni di isolamento politico autoimposto da Nkurunziza.

Tuttavia, a settembre, la Commissione d’inchiesta sul Burundi voluta dall’Onu ha lanciato avvertimenti sulle continue violazioni dei diritti e sulle impunità anche dopo la morte del presidente. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha esteso il mandato della Commissione per un altro anno.

I finanziamenti umanitari sono stati molto scarsi. Circa 130mila gli sfollati alla fine del 2020, mentre oltre 300mila vivono nei paesi confinanti.

Ma la risposta umanitaria del paese e i piani regionali di risposta alla crisi sono stati finanziati solo per il 29% nel 2020.

 Il ritorno di 120mila rifugiati burundesi, principalmente dalla Tanzania, ha pure messo a dura prova le già scarse risorse, in particolare nelle aree urbane.

Inoltre, le inondazioni e la siccità sono passate praticamente sotto silenzio, nonostante siano state la causa della maggior parte degli spostamenti durante il 2020.

Altre inondazioni sono previste per tutto il 2021. Questo, insieme alla perdita di opportunità economiche dovute alla diminuzione del commercio transfrontaliero in seguito alla pandemia, potrebbe aumentare l’insicurezza alimentare e provocare ulteriori spostamenti.

 

Nigeria

Più di un milione di nigeriani non hanno ricevuto assistenza, privati dell’accesso ai servizi sociali di base, perché le agenzie di aiuto non potevano raggiungere in sicurezza le comunità colpite dai conflitti. Soprattutto nel nordest.

Nel 2020 erano circa 11 milioni le persone che dipendevano dall’assistenza umanitaria a causa dei conflitti di lunga durata ancora in corso, aggravati dal cambiamento climatico e dall’impatto del Covid-19.

Tra i 6 e i 7 milioni di persone hanno affrontato la fame tra un raccolto e l’altro, il numero più alto degli ultimi 4 anni.

Oltre 3 milioni di persone sono sfollate nel nordest del paese dal 2009, quando è iniziato il conflitto con i Boko haram.

La comunità internazionale ha fatto pochi sforzi politici per affrontare i problemi che impediscono agli “umanitari” di raggiungere le comunità bisognose.

Il primo trimestre del 2021 ha visto la situazione della sicurezza deteriorarsi ulteriormente. Una serie di attacchi a Dikwa e Damasak, comprese le strutture umanitarie, hanno portato decine di migliaia di civili a fuggire e costretto le organizzazioni umanitarie a sospendere le operazioni.

 

Burkina Faso

È una new entry, assieme all’Etiopia. Dal 2019, insurrezioni armate, operazioni militari e nuovi gruppi di autodifesa hanno costretto una persona su 20 a fuggire dalle proprie case. L’insicurezza ha anche creato divisioni etniche, portando a tensioni intercomunitarie e intracomunitarie mai viste prima nel paese.

Il conflitto armato con i terroristi islamisti, iniziato due anni fa, e l’impatto economico del Covid-19 hanno avuto un pesante impatto sui civili.

Il numero di persone che soffre la fame è quasi triplicato nel 2020: da oltre un milione a oltre tre milioni. Per la prima volta in un decennio, due province sono state classificate a livello di “insicurezza alimentare di emergenza”.

I bambini hanno pagato un prezzo particolarmente alto: il Burkina Faso ha registrato il più alto numero di attacchi a scuole nella regione del Sahel centrale, con un impatto su 350mila studenti. Il rapimento e l’uccisione di insegnanti, l’incendio e il saccheggio delle scuole hanno portato più di 2.500 strutture a chiudere i battenti durante l’anno scolastico.

 

Etiopia

Anche prima che scoppiasse la crisi del Tigray, l’Etiopia stava vivendo una grave emergenza umanitaria. Emergenza causata dal conflitto interetnico in altre parti del paese, dagli impatti socio-economici del Covid-19 e dagli shock climatici sotto forma di siccità, inondazioni e da un’invasione di locuste nel deserto.

Il piano di risposta umanitaria dell’Etiopia è stato finanziato al 58% nel 2020 e non è riuscito a soddisfare le crescenti esigenze, in particolare per i 2,7 milioni di sfollati interni e dei circa 900mila rifugiati dal Sudan, dalla Somalia e dalla Eritrea che vivevano nel paese.

I media hanno rivolto la loro attenzione all’Etiopia quando è scoppiato il conflitto nel Tigray, ma raramente si sono concentrati sulle altre crisi nel paese. Si attendono miglioramenti con l’elezione del presidente americano Joe Biden.

 

Repubblica centrafricana

Più di 300mila persone sono nuovamente scappate dalle loro abitazioni nel corso del 2020, come risultato di un aumento della violenza dei gruppi armati, delle lotte per le risorse naturali e dei conflitti intercomunitari.

L’aumento della violenza ha dato un duro colpo agli accordi di pace di Khartoum del 2019, sponsorizzati dalle Nazioni Unite e dall’Unione Africana, mostrando l’inefficacia degli sforzi di costruzione della pace intrapresi finora.

Circa 2,8 milioni di persone, più della metà di tutti i centrafricani,  hanno avuto bisogno di assistenza umanitaria nel 2020.

Nonostante questo, la crisi prolungata del paese raramente è diventata un titolo nei giornali internazionali.

La crisi umanitaria è stata relativamente ben finanziata. Quasi il 70% dei fondi richiesti è stato ricevuto entro la fine del 2020. Tuttavia, l’appello agli aiuti non aveva previsto l’entità dei bisogni associati alla violenza elettorale del dicembre 2020.

 

Mali

Il paese continua a essere in preda a turbolenze, come conferma l’ennesimo golpe militare. E già l’anno scorso la situazione era peggiorata a causa della violenza legata alle elezioni parlamentari, alla corruzione percepita dal governo e al colpo di stato di agosto

L’insicurezza e il conflitto hanno acuito la crisi umanitaria generale. Circa 326mila persone sono state sfollate alla fine dell’anno, con un aumento di oltre il 50% rispetto al 2019. Le agenzie umanitarie hanno faticato ad accedere alle comunità più bisognose per l’insicurezza dei posti e per le infrastrutture stradali fatiscenti e impraticabili per le inondazioni

Le Nazioni Unite, la Francia e alcune nazioni dell’Africa occidentale hanno continuato a fornire supporto militare per stabilizzare il paese, sotto l’ombrello delle operazioni antiterrorismo. Ma non c’è stato un significativo miglioramento della situazione della sicurezza per i civili. Anzi, la militarizzazione ha spesso messo in pericolo la sicurezza dei civili, che sono stati vittime di attacchi di vendetta da parte di gruppi armati

I finanziamenti umanitari non hanno tenuto il passo con i bisogni, e l’appello agli aiuti è stato finanziato per meno della metà per il 2020.

La situazione sembra rimanere la stessa nel 2021. Oltre sette milioni di persone avranno bisogno di assistenza umanitaria quest’anno, un aumento di un milione rispetto al 2020.

 

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