Pagina 3 – Nigrizia

Armi, Conflitti e Terrorismo Nigeria Politica e Società
Oltre 4.700 le persone sequestrate da gruppi armati negli ultimi dieci mesi
Nigeria: 10 anni dopo Chibok, dilaga la piaga dei rapimenti
12 Aprile 2024
Articolo di Redazione
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(Credit: Brookings Institution)

Dieci anni fa, la notte del 14 aprile 2014, un gruppo di uomini armati appartenenti al gruppo jihadista Boko Haram faceva irruzione in un istituto scolastico femminile a Chibok, nello stato nord-orientale di Borno, sequestrando 276 ragazze.

La notizia del mega-rapimento fece il giro del mondo, innescando una gigantesca mobilitazione per chiedere la loro liberazione – avviata da un gruppo di donne nigeriane sui social media sotto l’hashtag #BringBackOurGirls – e rivelando a tutti, per la prima volta, la profonda crisi del sistema di sicurezza della Nigeria.

Nel corso degli anni molte di quelle ragazze sono state rilasciate o sono riuscite a fuggire, ma un centinaio di loro restano ancora nelle mani dei sequestratori.

Nel frattempo quello dei rapimenti in Nigeria è diventato un vero e proprio business, praticato non più solo dai terroristi islamisti, ma sempre più anche da dozzine di gruppi criminali, diffusi in particolare nel nord-ovest e nel centro del vasto paese, composti per lo più da ex pastori fulani in conflitto con le comunità di agricoltori. Ma anche da gang organizzate che colpiscono persone in viaggio e sacerdoti.

Un’attività estremamente redditizia e a basso rischio, vista la scarsa sorveglianza delle forze di sicurezza, che consente loro di ottenere il controllo di parti del territorio – e delle sue risorse minerarie – terrorizzando la popolazione rurale, e di procurarsi denaro per acquistare armi e finanziare altre attività criminali.

Il sostanziale fallimento delle strategie di contrasto messe in campo in questi dieci anni dal governo, ha favorito il dilagare del fenomeno, spinto anche dal proliferare dei traffici illeciti di armi attraverso i porosi confini.

Nel mirino di questi gruppi restano in particolare studenti e studentesse. Dai fatti di Chibok ad oggi sono stati rapiti almeno 1.500 studenti e studentesse.

Gli ultimi il 7 marzo scorso, quando 137 bambini e bambine furono prelevati dalla LEA Primary and Secondary School nel villaggio di Kuriga, nello stato centrale di Kaduna, e portati nelle foreste dello stato di Zamfara, un’enclave nota per i rapimenti, lontana più di 200 chilometri. Per la loro liberazione era stato chiesto un riscatto di 1 miliardo di naira, pari a quasi 622mila dollari.

Oltre due settimane dopo, il 24 marzo, le autorità avevano annunciato che le forze di sicurezza avevano tratto in salvo tutti, senza fornire ulteriori dettagli sulle operazioni militari condotte.

Le scuole e i giovani studenti, d’altronde, restano bersagli facili per i gruppi armati, perché poco sorvegliate. Un recente sondaggio dell’ufficio nigeriano dell’UNICEF, condotto su oltre 6mila istituti, ha rilevato che vi erano applicati solo il 43% degli standard minimi di sicurezza previsti.

Complessivamente in Nigeria, la società di consulenza SBM Intelligence, ha registrato il rapimento di 4.777 persone dall’entrata in carica del presidente Bola Tinubu nel maggio dello scorso anno.

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Podcast Politica e Società Sudafrica
L'era dell'Anc sta per finire? È la domanda da cui parte il dossier di Nigrizia di maggio
Africa Oggi podcast / Sudafrica: chi ha disperso l’eredità di Mandela
02 Maggio 2024
Articolo di Redazione
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A statue of Nelson Mandela on Naval Hill overlooking Bloemfontei
Una statua di Nelson Mandela a Bloemfontein. Foto di South African Tourism

Sudafrica al voto il 29 maggio, ma gli elettori non credono più nel partito che fu del leader anti apartheid e chiedono conto delle promesse mancate. Ascolta qui le anticipazioni del dossier di Nigrizia di maggio, con Brando Ricci

Al via a Milano e in tutta Italia su Mymovies, il Festival Cinema Africa, Asia e America Latina (Fescaal). Una breve guida da Simona Cella.

 

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Migrazioni Pace e Diritti Politica e Società Rwanda
La polizia britannica rastrella i migranti dalle case. L’Irlanda bussa a Sunak per restituire chi attraversa i confini
Regno Unito: prima deportazione in Rwanda
02 Maggio 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 2 minuti
Il segretario agli interni britannico James Cleverley in visita in Rwanda. Foto dal profilo Flickr del governo del Regno Unito.

Sui giornali inglesi la notizia è certa: c’è stata la prima deportazione di una persona migrante verso il Rwanda. Il primo ministro britannico Rishi Sunak lo aveva dato per certo e prossimo e così è stato: un uomo, cui è stata respinta lo scorso anno la richiesta di asilo, ha accettato di esser trasferito nel paese africano e, per questo, ha ricevuto in cambio un pagamento fino a 3mila sterline.

L’eminenza di voli più consistenti nelle prossime settimane è suggerita dalle immagini pubblicate dal ministero degli interni. In un video si vedono forze di polizia che prelevano dalle loro abitazioni persone migranti ammanettate, destinate alla deportazione. Una decisione votata lo scorso 22 aprile, che ha lo scopo di dissuadere l’attraversamento della Manica dalla Francia verso la Gran Bretagna.

Costi fuori scala 

Un’accelerazione tanto attesa da Sunak, che si era dovuto fermare per una sentenza della Corte suprema britannica e che è ancora sotto attacco sia da parte delle associazioni umanitarie, che sottolineano come il Rwanda non sia paese sicuro, sia da chi ha bocciato il patto, considerato troppo oneroso economicamente: ammonterebbe a 1,8 milioni di sterline il costo della deportazione per migrante, per un totale di 500milioni.

Intanto, visto il via libera votato dalle due camere del parlamento inglese, il governo di Dublino si porta avanti con la decisione di rimpatriare verso il Regno unito le persone che attraversano il confine tra Irlanda del nord e Repubblica d’Irlanda. Un piano in tal senso dovrebbe diventare legge entro fine maggio. Ma anche qua c’è stata, a marzo, una presa di posizione dell’Alta corte irlandese che ha definito il Regno Unito paese non sicuro, proprio in conseguenza del fatto che il Rwanda, destinazione della deportazione delle persone richiedenti, non lo è.

Di fatto il governo irlandese lamenta la presenza di oltre 1.400 migranti irregolari senza alloggio, in gran parte accampati lungo Mount Street, nel centro di Dublino, dove si trova l’ufficio che esamina le richieste di protezione internazionale.

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Chiesa e Missione Politica e Società Sudafrica
Padre Paul Tatu aveva forse assistito a un femminicidio. Ne ha dato notizia padre Gianni Piccolboni
Sudafrica: ucciso a Pretoria un giornalista e missionario stimmatino
Nel paese si registra una media di 85 omicidi al giorno
02 Maggio 2024
Articolo di Redazione
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Immagine dal profilo Facebook della Southern African Catholic Bishops' Conference

Padre Paul Tatu, missionario stimmatino e giornalista, è stato assassinato a Pretoria, capitale amministrativa del Sudafrica. A comunicare la triste notizia è stato Padre Gianni Piccolboni, 76 anni, missionario veronese dell’Istituto delle Sacre Stimmate che ha vissuto in Sudafrica per oltre 30 anni, dove è stato tra l’altro responsabile dei missionari.  

«Siamo stati informati ma non sappiamo ancora bene la dinamica dei fatti» ha chiarito padre Piccolboni. «Sembra tuttavia che padre Paul fosse stato testimone dell’uccisione di una donna». Il religoso, 45 anni, era originario del Lesotho, era laureato in giornalismo e aveva svolto un periodo di servizio presso l’ufficio comunicazioni della Conferenza dei Vescovi cattolici dell’Africa meridionale (Sacbc).

Quest’ultimo ente ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa di padre Paul. In una comunicazione, firmata dal Vescovo Sithembele Sipuka, presidente della Conferenza episcopale, si ricorda che il religioso stimmatino ucciso aveva lavorato con dedizione per diversi anni come responsabile dei media e delle comunicazioni della Sacbc. I vescovi cattolici della regione hanno inoltre sottolineano che l’assassinio di padre Tatu «non è un incidente isolato, ma piuttosto un esempio angosciante del deterioramento della sicurezza e della moralità in Sudafrica».

Il problema sicurezza 

A oggi il paese presenta il terzo peggior dato al mondo per quanto riguarda il tasso di omicidi ogni 100mila abitanti: ben 42, solo Isole Vergini e Giamaica fanno peggio secondo quanto registrato dalla Banca Mondiale. Stando a dati comunicati di recente dal ministro della polizia Bheki Cele, solo nel quarto trimestre del 2023 si sono verificati oltre 7.000 omicidi, per una media di circa 85 al giorno.

Il tema della sicurezza è fra i più discussi in vista delle elezioni generali che si disputeranno il 29 maggio. Secondo diversi sondaggi concordanti,  l’Africa National Congress (Anc) che governa il  paese dal 1994 rischia per la prima volta dal ritorno alla democrazia di scendere sotto il 50% dei consensi a delle consultazioni nazionali, forse anche in modo rovinoso. 

La presenza dei missionari stimmatini in Sud Africa risale al Novembre 1960, quando arrivarono i primi missionari: padre Lino Inama, padre Dario Weger, padre Primo Carnovali e fratel Giuseppe Modena. Ora la Provincia ha comunità in varie nazioni dell’Africa australe: Sud Africa, Lesotho, Botswana, Malawi e Tanzania.

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Ambiente Economia Pace e Diritti Politica e Società Tanzania
Violati i diritti alla terra dei nativi, vince la campagna di attivisti locali e Oakland Institute
Tanzania. La Banca Mondiale sospende i finanziamenti a un progetto di sviluppo turistico
Si tratta di Regrow, iniziativa per cui l'istituto aveva già messo a disposizione 150 milioni di dollari
01 Maggio 2024
Articolo di Bruna Sironi
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I rangers del parco di Tanapa, Immagine dell'Oakland Institute

La Banca Mondiale ha sospeso i finanziamenti al governo della Tanzania per la realizzazione del progetto Regrow (Resilient Natural Resource Management for Tourism and Growth – Gestione delle risorse naturali resiliente per la crescita e il turismo).

L’informazione è stata diffusa nei giorni scorsi dall’Oakland Institute, centro di ricerca americano specializzato, tra l’altro, in advocacy per i diritti alla terra dei popoli nativi. L’organizzazione ha condotto una lunga campagna internazionale contro la realizzazione del progetto a fianco e per conto delle comunità che ne avevano avuto un impatto negativo.

Il progetto Regrow, per cui la Banca Mondiale ha approvato un finanziamento di 150 milioni di dollari – un centinaio già stanziati – prevede un intervento per il miglior utilizzo, la miglior gestione e il raddoppio dell’area del parco Ruaha (Ruaha National Park), conosciuto con l’acronimo di Runapa, nella zona centrale del paese. Obiettivo: aumentare i flussi turistici nell’area. Ma, come in diverse altre situazioni, a fare le spese delle decisioni governative, e dei finanziamenti internazionali, sono state le comunità rurali e native stanziate sul territorio che dovrebbe essere incluso nei confini del Runapa.

I diritti violati 

L’Oakland Institute ha documentato violazioni del diritto alla terra – con la revoca dei titoli di proprietà precedentemente concessi dalle autorità governative competenti – e gravissimi abusi contro la popolazione da parte del corpo dei ranger del parco, dipendenti dalla Tanzania National Park Authority, conosciuti con l’acronimo di Tanapa.

Solo il 18 aprile, dopo più di un anno dall’inizio della campagna condotta dall’Oakland Institute, la Banca Mondiale ha deciso di sospendere i finanziamenti al progetto Regrow e di inviare nel paese una delegazione di alto livello per valutazioni riguardanti in particolare le minacce di sfratto a circa 21mila persone stanziate sul territorio che dovrebbe essere incluso nel Runapa. Il provvedimento sarebbe in contrasto con le stesse regole che l’istituzione finanziaria mondiale si è data per concedere il proprio supporto.

«La decisione della Banca Mondiale, a lungo dovuta, di sospendere questo progetto pericoloso é un passo cruciale verso assunzione di responsabilità e giustizia. Manda un forte messaggio al governo tanzaniano: ci sono conseguenze per il suo rampante trend di abusi nel paese per sostenere il turismo. I giorni dell’impunità stanno finalmente per finire», ha dichiarato Anuradha Mittal, direttrice esecutiva dell’Istituto, nel suo incontro con la stampa.

La questione risarcimenti 

Rimane ancora aperto il problema dei risarcimenti: «… la banca deve concentrarsi su come rimediare ai danni causati alla popolazione che ha perso i suoi cari per la violenza dei ranger o ha avuto la propria vita devastata dalle restrizioni alle proprie attività economiche. Si impongono con urgenza risarcimenti adeguati per tutte le vittime del progetto», ha concluso Mittal.

La campagna di informazione ed advocacy è stata sostenuta da numerosi e autorevoli mass media, quali il The Guardian e lAssociated press, e, in Italia, da Nigrizia. In febbraio l’Istituto e l’organizzazione Rainforest Rescue hanno anche presentato al presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga, una petizione firmata da 80.000 persone.

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