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Politica e Società Togo
Elezioni legislative. Per le opposizioni (solo 5 seggi) risultati “surreali e ridicoli”
Togo: il partito al potere domina il parlamento
06 Maggio 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 2 minuti

Entro sei giorni la Commissione elettorale nazionale era chiamata a proclamare i risultati provvisori delle legislative e regionali tenutesi il 29 aprile. Non rimaneva più dunque che la notte tra sabato 4 e domenica 5 maggio per farlo.

Ma forse si voleva profittare delle tenebre e del risveglio domenicale per impedire ogni reazione “scomposta” dell’opposizione di fronte a un risultato-tsunami grottesco: dei 113 seggi del parlamento, ben 108 (più del 95%) vanno al partito UNIR, da sempre al potere (1967) anche quando si chiamava RPT, e solo 5 al popolo dell’opposizione.

Euforia nel campo presidenziale che vede nel voto l’approvazione referendaria della nuova Costituzione (votata il 19 aprile scorso da un parlamento “scaduto” a dicembre… doveva essere firmata dal presidente lo scorso venerdì 3 maggio, ma…); “giorno triste” per il Togo, ribatte l’opposizione, che parla di risultati “surreali, inimmaginabili e ridicoli”.

Il Togo è una dittatura militare clanica (da quasi 60 anni al potere), dalla facciata civile. Una dittatura che sta tramutandosi in monarchia (dopo il padre Eyadema per 38 anni, ora è il figlio Faure, da 19).

Alla promulgazione della nuova Costituzione, i nuovi deputati eleggeranno il prossimo presidente della Repubblica dal potere onorifico, così come il presidente del consiglio, una specie  di primo ministro, capo del partito che ha la maggioranza all’Assemblea nazionale, il parlamento.

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Arena di Pace 2024 Armi e Disarmo Banche armate Economia
Con l'affossamento della legge 185, calerà il silenzio sugli istituti di credito
Banche armate. Scende il valore delle operazioni. Molte le sorprese in classifica
La tabella sugli importi segnalati e accessori presenta una diminuzione del 19%. Ai primi tre posti restano il Gruppo Unicredit, Deutsche bank e Intesa Sanpaolo. Al quarto posto Banco Popolare di Sondrio, tra i soci di Etica sgr, che ha avuto la migliore "performance" tra i primi in classifica. Altra notizia: torna a crescere prepotentemente (+240%) Banca Valsabbina
10 Maggio 2024
Articolo di Gianni Ballarini
Tempo di lettura 5 minuti
Banca-Valsabbina_sede-centrale-Brescia

C’è un incendio che nessuno si premura di spegnere o, almeno, di contenere. Ci si guarda attorno e la nuova corsa al riarmo appare come un processo irreversibile. Vendere armi ed armarsi sembrano l’unguento miracoloso per pacificare. Per ammansire la nervosa sensibilità di un’opinione pubblica sempre più tesa sulla corda di un futuro minaccioso. Nel frattempo i margini per la pace si restringono sempre di più a un ritmo quasi quotidiano.

Il boom finanziario

E il mondo finanziario non è esente da pesanti complicità. Sarebbero 959 i miliardi di dollari utilizzati tra 2020-2022 dalle banche nel mondo a supporto dell’industria bellica. Una cifra che esce dal rapporto Finanza di pace. Finanza di guerra messo a punto da 71 banche etiche aderenti alla Global Alliance for Banking on Values (Gabv). Rapporto che approfondisce lo stretto coinvolgimento dell’industria finanziaria nella produzione e nel commercio delle armi.

Investimenti alternativi a quello delle armi

Nel rapporto si trova pure l’analisi dell’International Peace Bureau (Ipb) tra le più antiche federazioni internazionali per la pace nel mondo. Ha calcolato che cosa si potrebbe fare risparmiando sull’acquisto di alcuni sistemi d’arma. Ad esempio, una fregata multiruolo europea vale lo stipendio di 10.662 medici all’anno (media paesi Ocse); un aereo da caccia F-35 equivale a 3.244 posti letto di terapia intensiva; un sottomarino nucleare di classe Virginia costa quanto 9.180 ambulanze

E l’Italia?

Nella Relazione governativa italiana sull’import ed export di armi ci sono le tradizionali classifiche delle “Banche armate” quelle che mettono a disposizione delle aziende del settore i loro strumenti finanziari. Una fotografia che rischia di essere l’ultima, perché se anche la Camera approverà gli emendamenti alla 185, già accolti dal Senato, calerà il silenzio sugli istituti di credito.

Per la gioia del ministro alla difesa Guido Crosetto, già presidente delle Aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad). Il “colosso di Cuneo” è almeno dal 2014 che si batte per una riforma della 185. Una legge che, a suo dire, ingabbia e che prevede troppi lacci e lacciuoli.

L’Aiad ritiene da sempre come sia insopportabile che «la transazione del pagamento alle aziende venga bloccato dall’istituto di credito che si dichiara etico, nonostante il bollo di correttezza dello stato». Per questo si batte per l’istituzione di una banca pubblica dell’export che consenta alle imprese armate di lavorare tranquillamente».

Se la banca da finanza e moschetto è ancora solo un’idea, lo smantellamento della 185 è realtà.

Il calo

Le nuove tabelle presenti nella Relazione mostrano come sia calato nel 2023 il valore delle operazioni bancarie a sostegno dell’export definitivo di armi. Quella che evidenzia gli importi segnalati e accessori presenta una diminuzione del 19%.

 

abella

La nuova tabella “Finanziamenti-Garanzie per istituti di credito” – introdotta per «fornire un quadro più preciso dell’effettiva operatività di ogni singolo intermediario del settore» – mostra un calo del 42%.

 

 

Al vertice della prima tabella (quella classica) i soliti istituti di credito: il Gruppo Unicredit, Deutsche bank e Intesa Sanpaolo. Da soli rappresentano il 69,3% del valore degli importi e accessori segnalati. Il Gruppo Unicredit è calato del 46% (1,329 miliardi rispetto ai 2,466 del 2022). Torna a cresce con prepotenza la bresciana Banca Valsabbina: quasi 71 milioni rispetto ai 20,9 del 2022 (più 240%). Altra curiosità: entra in classifica un’altra piccola banca della provincia lombarda. Si tratta della brianzola Banca di credito cooperativo di Barlassina.

Ancora tu?

Merita un capitolo a parte il caso della Banca Popolare di Sondrio. L’istituto si conferma al quarto posto nella tabella degli “importi e accessori segnalati” con 356,8 milioni di euro: un più 44% rispetto al 2022.

Un articolo di Nigrizia del luglio 2023, che citava la sua presenza tra le “Banche armate”, aveva suscitato disappunto ai vertici di Banca etica.

La Popolare di Sondrio, con Bpm e Bper (presenti pure loro nella tabella, ma con importi calati rispetto al 2022) sono, infatti, tra gli azionisti minori di Etica sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo Banca etica.

L’intervista alla presidente di Banca etica

Anna Fasano, presidente dell’istituto padovano, in un’intervista al giornale aveva spiegato che «nel tempo ci siamo ritrovati con partner cambiati rispetto alle origini, perché pure il mercato è mutato». E alla domanda se non viveva come un fallimento la presenza dei tre istituti nell’azionariato di Etica sgr, la risposta è stata: «No. Però non posso neppure dire di essere soddisfatta del risultato finora raggiunto. Ripeto: per noi l’obiettivo resta quello, investimenti zero nel mercato degli armamenti». E non è possibile estrometterli dall’azionariato? «Significherebbe la scomparsa di Etica sgr».

La replica della Popolare di Sondrio

La stessa Popolare di Sondrio ha inviato un documento nel quale spiega, in sintesi, che «opera nel pieno rispetto della 185». Che non vi è alcun «coinvolgimento con paesi in violazione delle Convenzioni internazionali in materia di diritti umani». Che «riconosce i principi del Global Compact dell’Onu», il quale si occupa prevalentemente di impegni a livello ambientale. La Popolare ha un’attenzione particolare al punto 16.4 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che tocca i temi della «pace, della giustizia e di mettere fine a tutte le forme di violenza e delinquenza organizzata».

Il documento della banca si chiude affermando che «il gruppo riconosce un’ “economia di pace” come condizione per uno sviluppo autenticamente sostenibile e che occorre riflettere sui dilemmi etici posti dalla produzione e dalla commercializzazione di armamenti di guerra, identificando un modo coerente e trasparente il ruolo del settore finanziario».

«Occorre riflettere». Nel frattempo, durante la pausa di riflessione, la sua esposizione con le aziende armate è aumentata del 44% in un solo anno.

 

Un’analisi più approfondita sull’export armato italiano, sulla base della Relazione governativa sull’import ed export di armi, si trova sul numero di maggio di Nigrizia nell’articolo intitolato Baratro armato

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Ambiente Costa d'Avorio Economia Pace e Diritti
Sul marchio internazionale del commercio equo-solidale il sospetto di frodi
Costa d’Avorio: il cacao certificato Fairtrade nell’occhio del ciclone
In aprile l’autorità di regolamentazione rileva un volume insolitamente elevato di fave messe in circolazione nell’ambito del programma di certificazione etica. Scatta la sospensione per le verifiche. Decisione revocata, fa sapere pochi giorni fa il marchio del commercio equo-solidale. Una vicenda su cui non è stata fatta ancora piena luce. Cala intanto la produzione globale, crescono i prezzi ma anche la domanda
10 Maggio 2024
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 4 minuti

È un momento delicato per il commercio equo-solidale del cacao che si avvale di accordi con il maggiore produttore al mondo di questo prodotto. Un prodotto sempre richiesto ma i cui costi sono arrivati alle stelle.

Stiamo parlando della Costa d’Avorio, paese che produce circa 2,2 milioni di tonnellate all’anno di cacao ed è uno dei principali paesi esportatori del prodotto verso l’Europa.

Tre settimane fa l’autorità di regolamentazione in materia, il Conseil du Café-Cacao (CCC) ha comunicato la decisione di sospendere il suo programma con il marchio Fairtrade Africa. Decisione nata dal sospetto di una frode. È stato infatti avanzato il dubbio che siano stati messi in circolazione semi non certificati.

Se fosse così sarebbe davvero un duro colpo per la credibilità del commercio equo e solidale, diventato sempre più popolare tra i consumatori che richiedono cacao (ed altri prodotti) di provenienza etica.

Va detto che, a diversi giorni dall’annuncio del CCC, sul sito di Faitrade è stata pubblicata una nota (non congiunta) con cui si comunica la “revoca incondizionata” da parte del CCC della sospensione temporanea delle fave del commercio equo-solidale. Questo significa, sottolinea la nota, “che le cooperative certificate in Costa d’Avorio possono vendere le fave del commercio equo e solidale e gli esportatori possono acquistarle”. Tutto rientrato dunque?

La sospensione sarebbe stata motivata da un volume insolitamente elevato di fave di cacao Fairtrade messe in circolazione nell’ambito del programma con il CCC. Da qui la necessità di verifica per garantire che non ci fossero dubbi sulla provenienza delle fave, e che questa provenienza e immissione sul mercato avvenisse secondo gli standard di eticità che appunto deve caratterizzare tale tipo di commercio.

Sembrerebbe quindi che non ci sia stata contaminazione o immissione di semi di provenienza non tracciabile ma attendiamo di conoscere gli eventuali sviluppi.

Produzione in calo, ma cresce la domanda

Quel che è certo è che il commercio del cacao sta subendo importanti ripercussioni dovute alla carenza della materia prima – causata anche da questioni climatiche – che, conseguentemente, ne fanno aumentare i costi di produzione, esportazione e manifattura.

Elementi che giocano in misura notevole sull’incremento del prezzo del prodotto finale. Pensiamo solo che come effetto dei fenomeni ambientali legati al Niño, tra cui alcune malattie delle piante, il Ghana – secondo esportatore al mondo dopo la Costa d’Avorio – ha perso oltre 500mila ettari di aziende che producevano fave di cacao.

Altro fattore che sta contribuendo alla riduzione dei volumi di fave di cacao (soprattutto nei due paesi dell’Africa occidentale che ne sono i maggiori produttori) è quello umano. L’estrazione mineraria illegale che ha colpito numerose aziende agricole del Ghana, ad esempio.

Capita che gli agricoltori diano in affitto la loro terra a minatori illegali e l’attività di sfruttamento minerario degrada la qualità del terreno, rendendolo inadatto alla coltivazione della pianta di cacao. E poi bisogna fare i conti con le perdite derivate dal contrabbando di cacao verso paesi limitrofi. Situazione con cui si è trovata spesso a fare i conti la Costa d’Avorio.

Infine c’è un altro forte elemento di impatto alla carenza della materia prima e al conseguente aumento dei prezzi, vale a dire la riduzione della lavorazione locale. Le principali sedi di lavorazione in Costa d’Avorio e Ghana hanno cessato le attività o ridotto la loro capacità di lavorazione perché non possono permettersi di acquistare le fave. Fatto questo che non solo incide sull’aumento del cacao e dei suoi prodotti ma sulle economie locali.

Ma nonostante crisi e difficoltà i consumatori sembrano aumentare. Il mercato globale del cioccolato e dei prodotti a base di cacao si prevede che nei prossimi anni crescerà del 4% annuo. Un aumento della domanda che sottolinea l’urgenza di affrontare le questioni relative alla sostenibilità del settore.

Ma torniamo alla questione frodi sui sistemi di certificazione etica. A dire il vero non è la prima volta che questo accade. Qualche anno fa proprio la Costa d’Avorio fu al centro di un’indagine che stabilì che gran parte del cacao proveniva da foreste protette. Un cacao coltivato illegalmente e poi commercializzato dai principali produttori di cioccolato, con procedure di certificazione fraudolente.

È anche uno dei motivi per cui oggi si cerca di procedere con accordi con un marchio ecosolidale come Fairtrade e se i dubbi sulla regolarità del sistema fossero reali, il contraccolpo sarebbe notevole. E proprio allo scopo di prevenire frodi, si sono addirittura messi a punto sistemi per testare la provenienza e autenticità del prodotto. 

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10 Maggio 2024
Articolo di Luciano Ardesi
Tempo di lettura 1 minuti

Questo articolo è uscito nella sezione “Chiesa è missione” della rivista Nigrizia di maggio 2024.

Lo sguardo con cui è partito il Tavolo pace e disarmo è stato quello rivolto a tutte le vittime. Si uccide con le armi, ma non solo, si pensi agli stupri, alle mutilazioni, alle torture. E le vittime sono anche al di fuori delle guerre: si muore per fame, sul lavoro, per l’inquinamento, per i […]
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Politica e Società Uganda
L’appello di Museveni per il censimento della popolazione e delle abitazioni boicottato per “mancanza di fondi”
Uganda: le emittenti private rifiutano di trasmettere gratis il messaggio del presidente
10 Maggio 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 2 minuti
Yoweri Museveni

In Uganda è iniziato il sesto censimento nazionale della popolazione e delle abitazioni, condotto per la prima volta con l’utilizzo di sistemi digitali.

La vigilia è stata però segnata dall’inusuale presa di posizione delle stazioni televisive e radiofoniche private, sostenute dall’Associazione delle emittenti ugandesi, che si sono rifiutate di mandare in onda un videomessaggio del presidente Yoweri Museveni che invitava i cittadini a partecipare alla campagna, in programma dal 10 al 19 maggio.

Contravvenendo a una direttiva emanata dalla Commissione governativa per le comunicazioni (UCC) che invitava tutte le emittenti di dare gratuitamente al censimento la “massima pubblicità”, le emittenti private hanno fatto notare come, in assenza di finanziamenti pubblici e con scarsi mezzi di sostentamento, siano incapaci di ottemperare alla richiesta.

Replicando all’UCC il presidente della National Association of Broadcasters (NAB), Innocent Nahabwe, ha dichiarato che le emittenti private hanno sempre fornito copertura gratuita durante le emergenze nazionali, ma che il governo ha il dovere di finanziare eventi pre-programmati come il censimento.

«I media operano come entità commerciali, pagando licenze e tasse al governo e sostenendo anche altri costi, come gli stipendi del personale», ha puntualizzato Nahabwe. Ed è «sulla base di queste considerazioni che abbiamo rifiutato di seguire la direttiva emessa dall’UCC».

L’ultimo censimento, risalente al 2014, stimava la popolazione ugandese a 36 milioni. Le stime odierne suggeriscono che da allora il numero sia salito a circa 45 milioni.

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